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I nuovi imprenditori? Arrivano dal Marocco e dalla Romania, sono giovani e sfidano la crisi
Written By Unknown on venerdì 2 novembre 2012 | 05:48
Ben 457 dei circa 9mila immigrati registrati in Molise nel 2011 sono titolari di aziende. Nazionalità marocchina, albanese, romena o bulgara in prevalenza, la metà di loro è titolare di una piccola impresa. Il dato sorprendente è registrato da Unioncamere/Cna e messo in evidenza nel dossier statistico Caritas e Migrantes. Dietro i numeri si legge una crescita del 15,9 per cento dell’imprenditoria straniera, nonostante la recessione. Nel 2011 gli occupati che hanno lavorato almeno un giorno sono stati 10485, di cui il 74, 6 per cento nella provincia di Campobasso.
Arrivano prevalentemente dalla Romania, dall’Albania e dal Marocco, in cerca di lavoro, si muovono in una piccola comunità, come quella del Molise, sperando di fare fortuna. A fine 2011 erano 9mila gli immigrati stranieri in regione, dato in leggera flessione rispetto all’anno precedente. All’incirca 4500 quelli con permesso di soggiorno, il 72 per cento dei quali nella provincia di Campobasso, e il 27 per cento in quella di Isernia. E nonostante la crisi economica, molti di loro sono riusciti a garantirsi un futuro nel campo dell’imprenditoria.
Questo il dato significativo che emerge dal dossier statistico Caritas e Migrantes, divulgati in un convegno che si è tenuto nel centro di volontariato Il Melograno. Il 26,1 per cento degli immigrati proviene dalla Romania, il 5, 2 per cento dall’Albania, il 4, 3 per cento dal Marocco, il 3, 6 per cento dalla Bulgaria e il 3,5 per cento dalla Polonia. Nonostante il periodo di difficile congiuntura economica, l’imprenditoria straniera continua a essere in crescita, come confermano inumeri diffusi da Unioncamere/Cna: dopo l’incremento del 20,4 per cento nel 2009 e del 23,9 per cento nel 2010, nel 2011 il tasso di incremento è stato del 15,9 per cento. In questo ultimo anno gli imprenditori stranieri registrati sono stati 475, di cui l’11, 8 per cento nel settore dell’artigianato. Oltre la metà, il 57,7 per cento per la precisione, è titolare di un’impresa, mentre il 26, 5 per cento è amministratore e il 13, 7 per cento socio. La maggior parte di loro è di origine marocchina (49, 6 per cento contro il 16 per cento dei romeni e il 12, 8 per cento dei cinesi) e si è stabilito nella provincia di Isernia (57, 3 per cento, nonostante il 60 per cento del totale degli imprenditori sia concentrato nella provincia di Campobasso).
Più donne, il 51 per cento per l’esattezza. La maggior parte degli immigrati in Molise ha un’età tra i 30 e i 44 anni. I motivi del soggiorno sono collegati alla ricerca di un’occupazione, per il 55,8 per cento dei casi, seguito da ragioni familiari, da richieste di asilo e di protezione umanitaria. Questi ultimi sono aumentati vertiginosamente nella provincia di Campobasso, dopo l’emergenza profughi dal Nord Africa. Altri si stabiliscono in regione per lo studio o per altri motivi, tra cui quelli religiosi.
In base ai dati dell’Inail, nel 2011 gli stranieri che hanno lavorato regolarmente almeno un giorno durante il 2011 sono stati 10.485.
La rilevazione prende comunque in considerazione anche i cittadini italiani nati all’estero e poi rimpatriati.
Dopo il calo del 2010 rispetto all’anno prima, nel 2011 i valori relativi agli occupati e agli assunti hanno continuato a salire, superando anche quelli del 2009. Ma contemporaneamente sono stati maggiori gli espulsi dal lavoro, che hanno superato di 101 unità gli assorbiti. Il rapporto annuale della Banca d’Italia, come hanno spiegato gli autori dello studio della Caritas, conferma che nel 2011 anche il Molise ha avvertito sempre più la crisi, che ha investito in modo particolare il settore dell’industria. «Il 46, 6 per cento della manodopera risulta occupata nei servizi, il 34, 1 per cento nell’industria, il 16, 1 per cento nell’agricoltura. La dimensione delle aziende in cui è stata impiegata è risultata per il 70, 7 per cento dei casi quella delle micro-imprese (da uno a 9 addetti), dato che si colloca quasi a metà tra la media del Sud Italia (73, 8 per cento) e quella nazionale (66,4 per cento)», si legge nel rapporto della Caritas.
La Banca d’Italia fa rilevare che il lavoro maschile, specialmente quello dipendente, ha risentito della flessione occupazionale che ha coinvolto soprattutto l’edilizia.
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