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Il Mali e la tigre che la Francia tira per la coda

Written By Unknown on lunedì 14 gennaio 2013 | 02:28


L'islam radicale. La fonte è un vecchio amico che di Africa se ne intende. Una persona bene informata che prova a spiegare cose diamine sta accadendo nel Mali e dintorni. Soprattutto negli stati vicini ricchi di petrolio, gas, uranio e minerali strategici vari. La data da cui partire sembrerebbe il 2006 in Algeria. Il "Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento" (GSPC) algerino, dopo il parziale smantellamento subito ad Algeri, ripara nel deserto assorbendo nel tempo le cellule salafite combattenti presenti nel Maghreb, dal Marocco alla Tunisia, e nella fascia sahelo-sahariana in Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Chad.

Filiazioni al Qaida. Nasce il nuovo soggetto politico "Al Qaida in the Islamic Maghreb" (AQIM) la cui prima operazione colpisce proprio nel centro di Algeri il 12 aprile 2007 una caserma di Polizia, un sito Nato e un mercato. I bersagli scelti spiegano la guerra che è stata dichiarata. Successivamente, AQIM si è dedicata anche a sequestri di occidentali e ad assalti a siti militari per incrementare l'armamento e attrarre nuovi militanti dal mondo dei contrabbandieri di armi, droga, tabacco, essere umani che sono profondi conoscitori del terreno operativo tra le "porose" (termine tecnico militare) linee confinarie desertiche che di fatto sono incontrollabili.

Il dopo Libia. AQIM, guidata da Abdel Malek Droukdel, algerino, noto contrabbandiere poco più che quarantenne, grazie ai soldi dei riscatti ottenuti dalla liberazione degli ostaggi, in breve tempo ottiene contatti e collaborazione con i "Boko Haram" nigeriani, gli Shabaab somali, e "Al Qaida in the Arabic Peninsula". Durante l'ultima fase della guerra in Libia, tra agosto e ottobre 2011, si aggrega anche l'ala salafita dei jihadisti dell'est della Cirenaica che, dopo aver partecipato allo smantellamento del regime gheddafiano grazie all'armamento fornito da Paesi del Golfo e dell'Occidente, ora ha gran parte dell'armamento libico catturato.

Jiahdisti crescono. L'uccisione di Osama Bin Laden il 2 maggio 2011 ad Abbottabad, in Pakistan, e del vertice di "Al Qaida in the Arabic Peninsula" guidata da Anwar Al Awlaki (capo militare) e Samir Khan (ideologo ed editore della rivista qaedista "Inspire"), colpiti da un drone USA il 30 settembre 2011 a Khashek, al confine con l'Arabia Saudita, lascia un vuoto che viene subito riempito proprio nel nord Africa. Vengono consolidati questi contatti di provenienza eterogenea e di incerta matrice fondamentalista, ma paradossalmente utili per l'assorbimento in una formazione parallela nel Maghreb, di fatto omologa negli obiettivi ad al Qaida.

Reazione a catena. L'operazione francese in Mali nasce per le spinte separatiste del "Movimento Popolare per la Liberazione dell'Azawad" (Mpla) e dei salafiti di Muiao e Ansar Dine, attivati dai tuareg rientrati, a vario titolo dalla Libia -vuoi come profughi vuoi come ex mercenari- dopo l'uccisione di Gheddafi. L'uccisione dell'ostaggio francese in Somalia nella sfortunata operazione di salvataggio aveva di mira il gruppo islamico libico, da tempo dedicato al sequestro di occidentali. Il fallito attentato fortunatamente fallito ai danni del diplomatico italiano a Benghasi, riporta alla stessa logica dei fatto precedenti. Quello dei nuclei salafiti combattenti.
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